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Durante la pausa natalizia la notizia di questa misteriosa “Bike Card” ha fatto molto discutere. La discussione si è trasformata in polemica, che è rimbalzata da un profilo all’altro anche sui social. Polemica che ha portato a disinformazione o malainformazione. Tant’è che, ancora nei primi giorni dell’anno nuovo, la Bike Card resta un enigma.

Salve, vi disturbo perché vorrei alcune informazioni riguardo la Bike Card. Mio marito non è affiliato a nessuna società, non ha intenzione di iscriversi, non vuole fare gare, ma ama pedalare con la sua bici da corsa, che usa sia per andare al lavoro che per scaricare le tensioni durante il fine settimana. Ora visto questo “bel” regalo della bike card, vorrebbe sapere se appendere definitivamente la bici al chiodo o se è esentato dal pagamento, viste le ragioni di cui sopra”.

Riportiamo questa lettera dal tono leggermente polemico, giunta all’indirizzo email della società sportiva di cui chi scrive è vice presidente, per far comprendere quanto le notizie rimbalzate sui social siano fuorvianti e poco chiare. E per fare chiarezza in poche parole ecco la risposta che la signora riceverà:

“Buonasera, se desidera ulteriori informazioni dovrebbe rivolgersi direttamente alla Fci. Tuttavia la Bike Card si rivolge ai cicloamatori che disputano gare e che non sono già tesserati con uno degli enti della consulta (Fci, Uisp e Acsi). Non vi saranno cambiamenti nemmeno per coloro, come suo marito, che pedalano per il gusto di farlo e non desiderano fare gare e, per questo motivo, non sono tesserati. Spero di aver risposto in maniera efficace al suo quesito e di aver sciolto ogni suo dubbio”.

La polemica nasce in seguito alla notizia uscita su giornali e quotidiani generalisti, che hanno preso la palla al balzo, probabilmente per fare uno scoop o polemizzare sulla situazione finanziaria del principale ente ciclistico italiano. Forse la Federazione non naviga in buone acque, ma se vogliamo farle i conti in tasca e capire davvero da dove potrebbe prendere i soldi per risollevare il bilancio non sarà certo in quelle poche “Bike Card” che verranno rilasciate nel corso delle manifestazioni ciclistiche a quei pochi cicloamatori non affiliati Fci, Uisp o Acsi.  I tre enti, infatti, riconosciuti dal Coni, sono quelli a cui tutti o quasi i cicloamatori che desiderano confrontarsi sul campo di gara fanno riferimento.

Ne restano fuori solo pochi e di minore importanza per chi pratica ciclismo, ne consegue che la Bike Card non procurerà un grosso reddito alla Fci. Le squadre che da anni sono affiliate con la Federazione Ciclistica Italiana sono forse quelle che più di chiunque altro pagheranno, aiutando l’ente a risollevarsi, se mai ne abbia bisogno: nel 2018, per esempio, pur essendo rimasto invariato il costo di affiliazione, i dirigenti (presidente, vice presidente e consiglieri vari, ogni società ne deve avere minimo 5, ndr) dovranno pagare le loro tessere, che fino al 2017 erano inglobate nel costo di affiliazione. Non solo, le categorie dei Giovanissimi (ovvero dei bambini di età compresa tra i 7 e i 12 anni) fino al 2017 pagavano 15 euro, mentre il costo del loro tesseramento è salito a 25 euro nel 2018. Forse è il caso di chiedersi se non sia più grave aumentare quest’ultimo che potrebbe disincentivare il ciclismo (già abbastanza costoso di per sé) tra i giovanissimi?

A testimonianza di quanto riportato sopra citiamo dal comunicato ufficiale della Fci uscito in seguito alle polemiche e firmato dal consigliere federale delegato al settore amatoriale Gianantonio Crisafulli: “Quest’anno, lo si può leggere sul sito Federale, in occasione dell’ultimo Consiglio è stato approvato un piano pluriennale di rientro che non contempla alcuna voce attiva derivante dalla cessione delle Bike Card. Il bilancio 2017 si prospetta in utile, in linea con le attese del piano, e gli interventi promossi per il 2018 lasciano tranquilli sul raggiungimento degli obiettivi programmati”.

Gli introiti derivanti dalla Bike Card – dichiarano dalla Federazione – saranno reinvestiti per manifestazioni e saranno messi a disposizione degli enti e degli organizzatori per semplificare il lavoro di segreteria in occasione dello svolgimento delle manifestazioni; per la creazione e gestione di un elenco degli atleti inibiti a partecipare alle manifestazioni perché non etici; per la creazione e gestione dell’elenco degli atleti ex agonisti. Eventuali residui saranno poi reinvestiti sul settore giovanile agonistico e non saranno quindi utilizzati per ripianare alcunché.

I motivi di questa scelta vanno in un’altra direzione: salute e sicurezza. Due temi, come dichiara la Fci, che le stanno molto a cuore. I tesserati Fci sono tra gli atleti più tutelati e, se vogliamo, anche tra i più controllati. Spesso, proprio per eludere tali controlli, certi ciclisti eticamente poco corretti, preferiscono affiliarsi ad altri enti di promozione sportiva dove non vengono effettuati controlli antidoping e dove anche le manifestazioni spesso non rispondono ai minimi requisiti di sicurezza.

In tal senso, la Federazione è piuttosto severa, e chi scrive ne può dare conferma, essendo anche organizzatore di competizioni ciclistiche. L’iter da seguire è in complicato in primis dal punto di vista burocratico e la richiesta deve essere completa e rispondere a specifici requisiti. I giudici di gara sono spesso molto severi anche nel dare il proprio benestare se il campo di gara o anche “solo” la linea d’arrivo non è a prova di sicurezza. Senza dimenticare che al momento della richiesta dell’ID gara, la società organizzatrice deve dichiarare il nome del medico, oltre che la disponibilità di locali antidoping. Se poi i controlli non sono effettuati è a discrezione dei giudici, ma il tutto deve essere predisposto per facilitare anche questo tipo di operazione.

Per questo motivo, per tutelare gli atleti, abbiamo deciso un intervento ‘forte’. Continua il consigliere federale. Il mondo amatoriale vede, oltre alla Federazione, tanti Enti che affiliano società e atleti. Forse alcuni di questi Enti si sono distratti e hanno dimenticato la loro missione, infatti la loro attività principale è diventata quella di fare tesserati, praticando una serie di sconti sul costo del tesseramento e delle affiliazioni, peggiorando le coperture assicurative (per esempio aumentando le franchigie) e hanno affiliato alcune società che organizzano manifestazioni che non rispettano nemmeno le più elementari regole previste dal Codice della Strada, con il solo obiettivo di fare “cassa”.

“Nel corso del 2017 la Federazione in più occasioni è dovuta intervenire con gli alcuni Enti, potendo disporre solo dell’arma della ‘moral suasion’ per segnalare la presenza alle loro manifestazioni di atleti non etici e del mancato rispetto delle norme più elementari di sicurezza (scorte ecc.). Se gli Enti esclusi dall’accordo dimostreranno nel corso del 2018 di applicare le regole previste per lo svolgimento delle manifestazioni e nei confronti degli atleti non etici, se si impegneranno per la tutela della salute e della sicurezza dei loro tesserati, mettendo lo sport al primo posto, sicuramente potranno ridiscutere nel 2019 un accordo dai nuovi contenuti”.

Queste le parole conclusive del consigliere federale Gianantonio Crisafulli. Noi, invece, vi lasciamo con un quesito: e se anche l’Italia avesse un unico ente nazionale come gli altri stati Europei, non sarebbe forse meglio per tutti e soprattutto per lo sport?

federciclismo.it

Immagini tratte da unsplash.com