
È notizia di questi giorni: la Cina ha prodotto oltre 1.600 documenti per certificare la “causa di forza maggiore”, ossia il fatto che il Coronavirus avrebbe impedito a molte delle sue aziende di tenere fede a diversi impegni commerciali. È un tentativo di salvaguardare le imprese da possibili ripercussioni legali, ma è anche un segnale di quale enorme impatto il virus stia avendo, commercialmente parlando e non solo dal punto di vista sanitario. Il China Council for the Promotion of International Trade (Ccpit) ha reso noto che i contratti interessati riguardano oltre 30 settori commerciali, per un valore totale di 109,9 miliardi di yuan: circa 14,5 miliardi di euro. È lapalissiano il ruolo di primo piano che la Cina riveste nella bike economy e dunque il Coronavirus non poteva non avere un impatto importante anche nel nostro settore. Secondo l’ultimo rapporto Ancma, relativo al 2018, fatto 100 il numero di bici importate in Italia, il 16% arriva dalla Cina, il 10% da Taiwan ed un restante 8% da un insieme di altri Paesi asiatici, insomma: il 35% delle nostre importazioni di bici proviene dall’Asia. E se parliamo di bici elettriche, si sale al 72%.
Va innanzitutto precisato che l’epidemia del virus ha coinciso con le celebrazioni del Capodanno cinese. Le aziende italiane, che fanno affari con la Cina, tengono sempre in conto il Capodanno nelle loro pianificazioni; è evidente, però, che questo è un caso eccezionale, che porterà molte ditte asiatiche a non rispettare le scadenze di produzione e le consegne. A loro volta, le stesse aziende cinesi avranno problemi con i fornitori interni: l’Asia (con Cina in testa) non è solo uno dei principali produttori al mondo di bici e parti, è anche la fonte principale di approvvigionamento delle materie prime che servono per realizzare bici e parti. Pensiamo ad esempio alle celle al Litio, che sono presenti nelle batterie delle eBike: il 90% è prodotto tra Giappone, Corea del Sud e Cina. Non è un caso che Bafang, ad esempio, abbia recentemente annunciato che ci saranno dei ritardi nella consegna dei suoi motori. Insomma, tutta la filiera produttiva viene compromessa dal Coronavirus.
La nota associazione di settore tedesca Zweirad-Industrie-Verband (ZIV) ha condotto un sondaggio tra i suoi associati: l’80% degli intervistati lamenta ritardi di consegna e conseguente riduzione dell’attività economica, a causa del Coronavirus. Il 60% degli intervistati prevede ritardi tra le quattro e le sei settimane. I ritardi non necessariamente interessano solo gli arrivi dalla Cina: anche Cambogia e Vietnam potrebbero essere coinvolti nel problema. In aggiunta, diverse commesse di bici sono state già deviate dalla Cina su questi due Paesi, in virtù dei dazi imposti dagli USA. Ma i produttori vietnamiti e cambogiani dipendono dalla Cina per le materie prime: insomma, come si dice, “un cane che si morde la coda”.
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