
Il magazine b2b Cycling Industry News (qui l’articolo completo in inglese) parla di sostenibilità. Un’analisi in cui si tratta dell’argomento in rapporto agli operatori della bike industry, cercando di individuare quali siano le aziende più sostenibili del settore, un argomento attuale quanto scottante e controverso, in quanto si parla di greenwashing e di monitoraggio dello stato dei progressi in termini di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Perchè sono molti gli aspetti da tenere in considerazione. La certificazione B Corp sembra essere un mezzo autorevole e convincente per garantire l’ottenimento di risultati concreti, e nella nostra redazione ne sappiamo qualcosa, visto che proprio il gruppo SportPress, di cui Bikefortrade fa parte è una delle oltre 200 aziende certificate B Corp.
Cycling Industry News porta l’esempio virtuoso di Patagonia, che ha recentemente fatto notizia a livello internazionale quando il suo proprietario, Yvon Chouinard, ha annunciato che avrebbe rinunciato alla sua quota da oltre 1,5 miliardi. A settembre ha infatti ceduto tutte le azioni dell’azienda a un trust e a un’organizzazione senza scopo di lucro: Holdfast Collective, che si dedica alla lotta alle crisi ambientali e alla difesa della natura. Quando la notizia è stata rilasciata, ha naturalmente suscitato molto scalpore. Chouinard è sempre stato un ambientalista e ha sempre portato Patagonia a essere un’azienda sostenibile. E come tale Patagonia è stata una delle prime grandi aziende a ottenere la certificazione B Corp da B Lab, una classificazione riconosciuta a livello internazionale delle pratiche di sostenibilità di un’operazione commerciale.
Industria ciclistica e sostenibilità: a che punto siamo?
Ci si chiede perché il mondo bike dovrebbe preoccuparsi del fatto che Patagonia abbia raggiunto la certificazione B Corp e la conformità a standard di sostenibilità riconosciuti a livello internazionale. Il ciclismo non è per sua stessa natura un trasporto “verde”? Non solo, ma se si prende in considerazione l’intero principio della sostenibilità si inizia a capire che il ciclismo ha molto di più da offrire per vivere in modo sostenibile rispetto a altri mezzi di trasporto o settori industriali. Allontanarsi dall’utilizzo di combustibili fossili pedalando di più e guidando di meno, è solo uno degli aspetti della sostenibilità legata alla bike industry, ma comprendere appieno questo aspetto include considerare anche fattori come la salute e il benessere delle persone.
Quindi, quanto sarebbe sostenibile l’industria del ciclo? A prima vista, la maggior parte delle persone, sarebbero sicuramente portate a sostenere che sia sulla buona strada, dato che la bici è un mezzo pulito e l’esercizio fisico può essere benefico per la salute mentale e fisica, ma poi subentrano altri fattori legati più alla produzione. Occorre quindi porsi altre domande come: quanta CO2 emette il ciclo di produzione di bici e componenti in fibra di carbonio? E come sono le reali condizioni di lavoro del personale nelle fabbriche dell’estremo oriente? Oppure, quanta uguaglianza c’è nel negozio di biciclette medio? Quanto è sostenibile presentare nuovi modelli ogni anno che rendono in automatico obsolete le scorte precedenti?
Sono tutte domande lecite quelle che pone la redazione di Cycling Industry News, e che prendono in considerazione vari aspetti anche scomodi e difficili da digerire, ma che ci aiutano a uscire dalla logica dell’apparenza e dal greenwashing. Anche se il concetto di certificazione B Corp potrebbe non essere conosciuto e apprezzato da tutto il mondo bike come lo è nel mondo dell’outdoor, c’è chi si sta movendo, e il primo brand dell’industry a ottenere questa certificazione è stata la storica azienda americana Chris King Components.
Non dovrebbe sorprendere che Chris King abbia scelto di ottenere un accreditamento ufficiale per le sue pratiche sostenibili. L’azienda è nota per le sue garanzie a vita sui prodotti, a sostegno dell’idea che il ciclismo non dovrebbe far parte della cultura usa e getta. Tuttavia, per Chris King la sostenibilità va ben oltre la realizzazione di parti che durano e non rende i suoi prodotti obsoleti ogni anno semplicemente introducendo nuovi design. Ottenere la certificazione B Corp include l’adozione di principi etici come la produzione locale, il riciclaggio ove possibile, il pagamento di un salario minimo e l’uguaglianza di genere tra i dipendenti.
Da questa parte dell’oceano, il produttore di biciclette, abbigliamento e attrezzature outdoor Alpkit (Sonder Bikes) afferma di essere l’unico produttore di biciclette ad aver ottenuto la certificazione B Corp. Anche se l’effettivo accreditamento da parte di B Lab è molto recente, per Alpkit è stato solo un altro passo sulla strada della sostenibilità che ha avuto luogo sin dalla fondazione dell’azienda. L’amministratore delegato David Hanney spiega: “L’industria del ciclo ha un vantaggio sulle questioni ambientali; l’uso della bicicletta contribuisce a compensare l’uso di combustibili fossili. C’è qualcosa di intrinsecamente positivo nelle biciclette e l’essere sostenibili è sempre stata parte della mission dell’azienda. Quando abbiamo iniziato nel 2004, abbiamo scritto sul nostro sito web che ci interessa quello che facciamo e, parallelamente, paghiamo salari equi”.
“La certificazione B Corp non considera solo l’impatto ambientale dei prodotti che realizziamo. È un argomento molto più ampio e copre argomenti come il modo in cui facciamo affari e restituiamo. La sostenibilità è un argomento molto vasto. Dal punto di vista ambientale quello che stiamo cercando è la scelta di materiali a basso impatto puntando alla decarbonizzazione di Alpkit; stiamo cercando di allontanarci dai combustibili fossili e realizzare prodotti durevoli, riparabili e infine riciclabili“.
Mentre Chris King e Alpkit sono due esempi di aziende del settore delle biciclette con un focus sul lato hardware del mercato, il settore dell’abbigliamento è potenzialmente meno soggetto a essere visto come sostenibile. Tuttavia, alcuni operatori stanno cercando di cambiare questa percezione e un esempio è Isadore, il marchio di abbigliamento fondato dai fratelli ed ex corridori su strada professionisti Martin e Peter Velits. “Percepiamo la sostenibilità come una necessità assoluta nell’attuale crisi ambientale e, inoltre, come un approccio aziendale a lungo termine che richiede una grande attenzione agli ambienti ecologici, sociali ed economici“, afferma Boris Stefanik, head of brand di Isadore.
“Sin dalla fondazione iniziale di Isadore, abbiamo cercato di ottimizzare le nostre operazioni per stabilire che la sostenibilità è un valore essenziale per il nostro business. Quindi, la scelta della nostra sede produttiva e della nostra filiera è stata strategica per seguire questo valore prefissato. Ci sforziamo di collocare la nostra produzione in Europa, più vicino ai nostri clienti, e quindi, riducendo la CO2 durante tutta la fase di consegna. Pertanto, attribuiamo molta importanza al monitoraggio dell’origine dei nostri materiali e all’essere totalmente aperti. Riteniamo che il luogo in cui produciamo e la catena di fornitura abbiano ricevuto maggiore attenzione negli ultimi anni“.
È chiaro quindi che affinché un’azienda si muova verso la sostenibilità, deve essere consapevole della provenienza dei materiali e delle forniture e che la forza lavoro in ogni fase del processo di produzione è trattata in modo equo. Quindi, cos’altro si può e si deve fare per rivendicare la propria adesione ai principi della sostenibilità? Il riciclo e l’uso di materiali riciclati sono sempre stati punti di forza di Chris King, ed è un tema comune sia a Isadore che ad Alpkit.
“Che si tratti di acciaio, alluminio o titanio, hai un materiale che è molto intensivo da produrre, ma una volta ottenuto hai qualcosa che può durare per anni e che aiuta a compensare il consumo di energia che lo ha creato. Ecco perché i prodotti devono essere progettati e costruiti per durare ed essere facilmente riparabili. E alla fine della vita utile di una bicicletta, gran parte del materiale può essere riciclato“, osserva Hanney.
Tutto ciò dimostra che anche piccoli passi possono aiutare sulla strada del miglioramento, ma è importante anche che qualcuno certifichi il percorso fatto, ed è stato proprio questo desiderio a portare aziende come quella di Hanney a investire per essere accreditata B Corp. Sebbene Isadore non sia ancora una B Corp certificata, è un programma di cui il team di gestione è a conoscenza e Stefanik osserva che “è un ottimo modo per ispirare un’azienda a crescere in modo sostenibile. Saremmo interessati a richiedere la certificazione B Corp in quanto la nostra attività potrebbe ricevere maggiore credibilità, trasparenza“.
Chris King, Alpkit e Isadore di certo non operano sulla stessa scala di Patagonia, che è tra i leader mondiali dell’abbigliamento outdoor, ma se aziende molto grandi hanno a disposizione più risorse, una struttura più articolata e un know how maggiore, le piccole realtà sono più flessibili e possono facilmente adattarsi a quelle che sono le richieste dell’ente certificatore B Lab, e per farlo hanno necessità di meno investimenti.
Sarà importante comunque diffondere questa cultura sempre più all’interno dell’industria, perché a ora è un processo che sembra poter essere attuato solo dal basso. I grandi operatori ancora nicchiano e non si espongono troppo, limitandosi a dichiarare che le bici prodotte sono genericamente “green” o “sostenibili” durante il loro utilizzo, senza fare troppa menzione alla catena di produzione. In Italia, per fare il paio a Isadore, alcune cose si stanno muovendo anche nel campo dell’abbigliamento, dove sempre più aziende propongono prodotti che utilizzano filati realizzati con materiale riciclato.
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