
Un filo conduttore che accomuna mare e terra: la sostenibilità e la salute del Pianeta. È su queste premesse che Oceanus, Ente di ricerca riconosciuto che si impegna in campagne di sensibilizzazione ecologiche e socio-economiche, negli anni ha portato avanti l’iniziativa “Pedalando verso il Futuro”. Il cui obbiettivo è quello di porre sempre più all’attenzione delle amministrazioni pubbliche un uso ragionato e strutturale della bicicletta, con i benefici che comporta – economici, fisici e ambientali. Promuovendo, allo stesso tempo, un turismo su due ruote alternativo ed ecosostenibile alla riscoperta di luoghi poco battuti, ma non per questo meno suggestivi.
Le tracce e i percorsi che ne derivano sono da affrontare con i propri tempi, e trovano nel legame con il territorio italiano, le sue tradizioni e la sua identità il caposaldo di questa campagna. A spingere sui pedali è quindi la voglia di valorizzare e preservare scenari spesso dimenticati, città e borghi a rischio spopolamento che, attraverso una promozione volta alla loro tutela, potrebbero vivere una vera e propria rinascita. È in quest’ottica che si inserisce la pedalata di gruppo Milano-Loreto-Napoli che hanno organizzato Fabio Siniscalchi e Ivan Negretti, con partenza il 27 maggio e arrivo il 3 giugno seguendo il cammino di San Francesco Caracciolo, il santo protettore dei cuochi in Italia.
A testimonianza di come il fattore tradizione sia fondamentale, soprattutto per valorizzare e dare nuova voce a “perle” che, altrimenti, rischiano di perdersi nei meandri della modernità. Abbiamo parlato con Ivan Negretti e gli abbiamo chiesto com’è stato questo viaggio.
Che risultati cercare di ottenere con questi tour in termini di partecipanti e consapevolezza sulle tematiche sollevate?
L’iniziativa è nata nel 2019 con un primo viaggio per gli Appennini da Reggio Calabria a Milano: oggi formiamo piccoli gruppi di massimo 10 persone che portiamo a scoprire località considerate “secondarie”, meno note dal punto di vista turistico ma fortemente legate a tradizione, storia, cultura ed enogastronomia in Italia, soprattutto nella zona centromeridionale. L’obiettivo è quello di dare risalto a luoghi poco frequentati attraverso un tipo di turismo più lento e immersivo, coinvolgendo i privati e le realtà amministrative locali per “istruirle” a una corretta pratica di questo tipo di viaggio. Un riscontro molto interessante è che le strutture, che avvisiamo per tempo, sono poi in grado di offrire un’accoglienza adeguata al cicloturista. Questo dimostra che, anche con piccoli consigli da parte nostra, è piuttosto facile fornire servizi legati alle esigenze del cicloturista.
Quali punti critici e di forza avete riscontrato circa l’utilizzo della bici nelle diverse località?
Un punto di forza risiede proprio nella potenzialità del cicloturismo, che favorisce le economie piccole e rurali e invita a visitare siti meno convenzionali fuori dai centri cittadini, spesso mete di consumo finale. Il nostro obiettivo è proprio quello di creare maggiore consapevolezza sui benefici che può portare in queste aree, invitando le amministrazioni ad adottare scopi facilmente raggiungibili che agevolino, per esempio, il completamento di ciclovie incomplete, costringendo chi le frequenta a uscire dai percorsi e imboccare le statali – come la Costa dei Trabocchi. Dall’altra parte, il negativo di essere ancora in fase embrionale è che la cultura italiana non è pronta per la convivenza tra il cicloturista e l’automobilista, e le pubbliche amministrazioni stesse non si mettono nelle condizioni di favorire l’attraversamento di determinati luoghi. Le strade non sono sicure, non vengono mantenute e quelle che si presterebbero bene al cicloturismo non presentano la cartellonistica adeguata. La cultura dell’utente “debole” della strada, come può essere il ciclista, deve essere promossa maggiormente a livello nazionale per far sì che nasca un rispetto reciproco tra questo e l’automobilista. È molto importante per noi perseguire questo aspetto e seguire l’esempio di altri Paesi virtuosi come la Spagna.
Secondo voi, cosa manca ancora perché iniziative come questa e gli argomenti che ne conseguono possano avere la risonanza che meritano?
Ci vuole una maggiore promozione dal punto di vista del territorio ma anche da quello mediatico. Inoltre, è fondamentale che le campagne sappiano comunicare bene che il cicloturismo può essere fatto da chiunque, sia in termini di utenti che di strutture organizzate che anche solo con piccoli accorgimenti di ridotto valore economico possono generare un ritorno importante. Soprattutto in ottica di un utilizzo sempre più massiccio di bici a pedalata assistita che rendono il cicloturismo ancora più accessibile.
Cosa avete in programma per il futuro?
Ogni anno svolgiamo un Italy Bike Tour per promuovere il cicloturismo a livello nazionale. Il prossimo anno si conferma su otto tappe e sarà da Roma a Napoli. Passeremo l’Appennino fino alle Marche, a Loreto e Rieti, poi in Abruzzo nel Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, il Parco Nazionale dell’Abruzzo, la Majella, e infine torneremo nella costa adriatica attraversando i Trabocchi e poi da lì tutto il Molise fino al Parco del Maltese per terminare poi a Napoli dopo circa 1.000 km e 13.000 m di dislivello positivo. Per la prima volta avremo anche un’ammiraglia che ci seguirà nel tour e che ci potrà dare supporto durante il percorso.