
Il report di Bicycle Association è una fotografia del vissuto lavorativo di operatrici e operatori che affrontano ostacoli e discriminazioni su base identitaria. E invita ad azioni concrete in un settore dove le differenze non devono essere viste come un limite, bensì come un modo per aumentare le vendite e attrarre talenti.
Ad agosto 2023 la Bicycle Association, l’associazione nazionale di categoria per l’industria del ciclo del Regno Unito, ha rilasciato il rapporto “Diversity in the Cycling Industry. International Perception Survey”, volto ad analizzare le esperienze dei gruppi marginalizzati nell’industria bici e mostrare come questi differiscono da quelli maggioritari e sovrarappresentati, che tendono a incontrare meno barriere alla naturale progressione della carriera. L’analisi individua le principali problematiche (tra cui bullismo, razzismo e molestie di carattere identitario) e propone alcune soluzioni che possano da un lato promuovere un ambiente sicuro dove tutte e tutti possono sentirsi a loro agio, e dunque lavorare meglio; e dall’altro rallentare la strutturale e incessante perdita dei nuovi assunti entro i prossimi 12 mesi, privando il settore di un asset molto importante in termini di talenti, profitti e consumi. Il campione del sondaggio ha preso in considerazione caratteristiche legate all’identità di genere, l’orientamento sessuale, l’etnia, la presenza di handicap fisici o mentali e la conseguente necessità di supporto.

Consenso con l’affermazione “credo che ci sia parità di genere nella bike industry”

Consenso con la domanda “nella tua organizzazione, credi che le persone siano pagate equamente per un lavoro dal valore uguale, indipendentemente dal genere?”
Le principali problematiche
Il sondaggio ha rivelato una quantità significativa di bullismo, molestie e discriminazioni in tutti i rami del settore sulla base di genere, etnia, sessualità e disabilità. Più della metà delle donne e delle persone non-bianche e due terzi di quelle non-eterosessuali hanno dichiarato di essersi sentite a disagio per comportamenti altrui e direttamente collegati a una loro caratteristica identitaria. Questi episodi stigmatizzano in un certo senso la persona e ne mettono in secondo piano le effettive capacità, tacciandola al contrario per peculiarità non conformi a quella della maggioranza (maschio, bianco, eterosessuale, abile) e non considerando le conoscenze lavorative con cui può arricchire il team e portare più profitti. Le donne tendono a dichiararsi meno “libere di essere se stesse” rispetto agli uomini nel posto di lavoro (rispettivamente 76% e 84%). Il dato si abbassa se si considerano altre caratteristiche: si sente a suo agio il 52% delle donne non-bianche, mentre quasi la metà di coloro che hanno bisogno di supporto di accessibilità (45%) non ha nemmeno espresso tale bisogno a capi e superiori.
La mancanza di parità di genere segue lo stesso trend: meno di un terzo dei rispondenti concorda che ci sia uguaglianza in tal senso. È presente anche un divario di percezione tra uomini e donne. Il 58% delle donne e il 45% degli uomini non crede che ci sia parità di genere nella bike industry. Questo dato è significativo se letto in contrasto con il 33% delle donne appartenenti alla sport industry in risposta allo stesso quesito. Questo scostamento percettivo è reso ancora più evidente alla domanda sull’uguaglianza salariale: il 70% degli uomini crede che vi sia pari retribuzione tra i generi, a differenza del 50% delle donne.
Se 8 persone su 10 hanno incontrato almeno un ostacolo o una barriera nello sviluppo della propria carriera, l’incidenza aumenta alla scomposizione del dato: è una condizione che interessa l’85% delle donne, l’89% delle minoranze etniche, il 90% dei non-eterosessuali, il 91% di coloro con necessità fisiche o mentali.

Aspettative su quanto le persone prevedono di rimanere nel settore del ciclismo, in base al genere, all’etnia, all’identità sessuale e alle esigenze di accessibilità

Esperienze di barriere e ostacoli lavorativi, per genere
Conseguenze
Il sondaggio ha mostrato un numero significativamente preoccupante di trattamenti ingiusti, comportamenti inappropriati, mancanza di pari opportunità e ostacoli allo sviluppo professionale. Tali questioni portano quasi un terzo dei partecipanti al sondaggio a prevedere di lasciare l’industry nell’arco dei prossimi cinque anni (il 12% crede nei 12 mesi successivi e il 20% tra i due e cinque anni; il dato si alza al 56% se si parla di neoassunti). Il 18% intende restare di più, sebbene non per tutta la vita. Solo poco più di un terzo (35%) non vorrebbe cambiare ambito. Le donne, non a caso, sono molto più esposte degli uomini ad aspettarsi di lasciare l’industry entro i prossimi cinque anni. Queste toccano quota 71%, un numero estremamente più elevato del 40% di quelle appartenenti al mondo automotive. Ancora più grave se si considera lo sport system in generale, dove solo l’8% delle donne si aspetta di cambiare settore, mentre il 39% non se ne andrebbe mai. Le implicazioni sono chiare. Perdita di diversità significa perdita di rappresentanza, cosa che riduce inevitabilmente l’efficacia e la competitività della cycling industry. Che rischia pertanto di non riuscire a trattenere le nuove leve (un terzo dei neoassunti si aspetta di lasciare il segmento bici entro i prossimi 12 mesi, e più della metà entro i prossimi cinque anni). Tra le principali motivazioni: paga, promozioni e migliori opportunità lavorative altrove.

Quanto tempo le persone prevedono di rimanere nel settore bici, per genere, etnia, identità sessuale e bisogni di accessibilità
Affrontare il problema
La parte conclusiva del sondaggio invita all’adozione di alcuni step proattivi per stabilire una cultura del lavoro inclusiva e anti-discriminatoria: implementare una policy contro molestie e bullismo, stabilire una chiara procedura di risoluzione delle controversie, implementare una formazione a tema DEI (diversità, equità e inclusione) per il senior management e fornire uno spazio di collaborazione per i dipendenti dei gruppi marginalizzati.
Per quanto venga riconosciuto il valore di una maggiore visibilità alle donne e ai gruppi sottorappresentati, gli uomini preferiscono approcci più “soft” circa tale cambiamento culturale: sensibilizzare più persone alla carriera nel mondo bici ed essere più trasparenti e mentalmente aperti durante il processo di recruiting. Le donne, dall’altra parte, sono più propense degli uomini a dare priorità ad azioni concrete sul miglioramento della diversità nella leadership, della paga e delle condizioni di lavoro.
Ad ogni modo, c’è una diffusa consapevolezza dell’importanza del fattore diversità. Il 78% dei partecipanti concorda sull’importanza di lavorare in un’azienda impegnata in questo senso. E gli uomini in misura più o meno uguale alle donne: 79% e 83%. La chiave principale risiede nell’applicazione della diversità nei tre strati interconnessi dell’industry: dipendenti, leadership e acquirenti. Soprattutto alla luce di svariate ricerche che testimoniano l’influenza positiva di un management diversificato sulla componente aziendale e sulla vicinanza ai consumatori. Per favorire così una situazione win-win di benessere nell’ambito lavorativo e di maggiore coinvolgimento dei ciclisti-consumatori, che si possano sentire rappresentati in una realtà spesso molto verticale.

Come può la cycling industry affrontare la diversità?